Recensione “FIRST MAN” di Damien Chazelle


First Man – Il Primo Uomo e` un film del 2018 diretto da Damien Chazelle, regista di Whiplash e La La Land, e scritto da Josh Singer, sceneggiatore anche di Il Caso Spotlight e The Post. Nel cast troviamo Ryan Gosling, Claire Foy, Jason Clarke e Kyle Chandler. Adattamento cinematografico della biografia ufficiale First Man: The Life of Neil A. Armstrong, la pellicola e` stata presentata in anteprima mondiale come film d’apertura della  75ª edizione della Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, dove ha partecipato in concorso, apprezzato da pubblico e critica.
Di seguito la trama del film:

First Man narra la storia di Neil Armstrong e del viaggio spaziale che lo porto` a essere il primo uomo a mettere piede sulla Luna, con la missione della NASA Apollo 11 il 20 Luglio 1969, concentrandosi sulla sua vita privata, terrestre, e sui suoi tormenti.


Partiamo proprio da questo. First Man non e` la riuscita di un viaggio, ma di due viaggi, diversi ma paralleli. Il primo, quello principale a livello storico, e` il viaggio spaziale, quello concreto, che porta l’uomo, e insieme l’intera umanità, dalla Terra alla Luna; un viaggio lungo, sia per distanza che per difficoltà, reso quasi impossibile dai continui problemi ed errori commessi, seguiti dalle delusioni, quelle degli americani, di essere sempre secondi rispetto all’altra potenza mondiale giocatrice nella scacchiera della corsa allo spazio, la Russia. Il secondo, invece, e` il viaggio personale di Armstrong, quello intimo e privato, il viaggio dell’uomo nella sua essenza; questo viaggio può essere etichettato come secondario rispetto all’impatto mediatico del primo, ma certo non e` stato meno difficile e sofferto. Tutto questo per dire che il film non segue solo il momento dell’allunaggio, anzi proprio questo avvenimento, emblema per eccellenza del primo viaggio, e` rilegato in coda al film, sul finale, e viene descritto con meno cura e attenzione, purtroppo, rispetto a quella che viene riservata al viaggio spirituale di Armstrong. Nel film viene approfondito il ruolo genitoriale del protagonista e della moglie, con tutte le difficoltà che ne derivano, soprattutto, in questo caso, per la parte femminile della coppia, costretta a casa a badare ai bambini mentre il marito e` chissà dove nello spazio, in perenne pericolo di vita. Il viaggio personale del protagonista, in sostanza, si basa su un evento tragico, forse il più drammatico che possa accadere a una famiglia, che ovviamente non espliciterò per lasciarvi sulle spine e farvi volare in sala.  E` importante notare, comunque, che questo preciso evento non e` semplicemente sminuito come un accadimento funesto del passato, ma e` sempre presente in tutto il film, e` un tormento costante di Neil Armstrong durante tutta la sua vita, sepolto a volte nel suo subconscio, ma pronto a riemergere in superficie in qualunque momento; e` un fardello che Armstrong si porta con se, aspettando solo il momento giusto per liberarsene.
Questa scelta di concentrarsi maggiormente sulla vita privata del protagonista ha portato diverse critiche nei confronti del regista, a cui ha pero` risposto sostenendo la sua decisione:

"Il mio obiettivo con questo film era quello di condividere il non visto, gli aspetti più sconosciuti della missione. In particolare la storia personale di Neil Armstrong e di ciò che ha pensato o sentito durante quelle celebri ore"


Questo film ha un comparto registico e fotografico eccellente , accompagnati da una sceneggiatura scritta davvero bene, attenta ai dettagli, molto importanti soprattutto per il rapporto familiare delineato molto bene nel corso della pellicola. In generale, quindi, il comparto tecnico e` pressoché eccellente, a partire da come il film e` proiettato. Su tutta la pellicola, infatti, e` stato usato un filtro particolare che modifica la grana dell’immagine, facendo assomigliare il film a un documentario d’epoca, o comunque ricordando molto la restituzione visiva dei film di quegli anni.
La regia e` forte, notevole, e si potrebbe dire anche varia: per tutto il film, infatti, e` presente un’alternanza tra stacchi veloci e salti temporali nelle scene di vita privata e familiare, e tempi dilatati e sospesi nelle scene dei viaggi nello spazio, che ricordano molto Gravity di Alfonso Cuaron. Andando nello specifico, i salti temporali, frequenti soprattutto nella prima meta` di film, sono gestiti davvero egregiamente, non confondono, per fortuna, lo spettatore; questo perché Chazelle, anche se non mostra cosa succede in quella porzione di tempo omessa dalla narrazione, li racconta andando subito a mostrare con la macchina da presa un particolare dettaglio che li riassume, dando cosi`, con una sola immagine, tutto ciò che serve allo spettatore per non essere disorientato nel corso dello svolgersi della vicenda.


Parlando invece delle sequenze dei viaggi spaziali, veri punti focali del film, la regia cambia, dilatando ogni cosa, ogni movimento, ogni sguardo, ampliando cosi` la concezione stessa dello scorrere del tempo; in parallelo, usa un tipo di regia strettamente serrato ai personaggi, per suscitare nel pubblico un senso vivido di claustrofobia, enfatizzata ulteriormente dagli spazi chiusi e, appunto, claustrofobici, della navicella spaziale, piccola, angusta, stretta, soffocante, dove si trovano i personaggi. Questa vicinanza della macchina da presa ai volti dei personaggi e` molto, anzi troppo, presente anche durante le scene a terra, dove risultano pero` meno efficaci e, a posteriori, abbastanza inutili. Utilissime, invece, le frequenti inquadrature a primissimo piano sugli occhi di Ryan Gosling, ovvero sugli occhi di Neil Armstrong, espressivi e centrali, perché fungono da unico mezzo non-tecnologico che mette in contatto l’uomo con l’extra-mondo, rappresentato dalla Luna, appunto, inquadrata più volte.


Passando ora al comparto attoriale, e` superfluo specificare che ci troviamo di fronte a due grandi prove interpretative di due grandi attori del panorama cinematografico contemporaneo, quali Ryan Gosling nei panni di Neil Armstrong e Claire Foy in quelli della moglie dell’astronauta. Gosling ci regala un ritratto di un uomo afflitto, tormentato dai pericoli che il suo lavoro nasconde e dai drammi della sua vita privata, scostante nei confronti dei colleghi ma anche della stessa moglie e dei figli, spesso assente, perso nei suoi pensieri e tutto dedito al proprio lavoro, per il quale e` perfino disposto ad annullare se stesso. Ma la vera grande interpretazione centrale di First Man non e` sua, non e` del protagonista, bensì della sua dolce meta`, della moglie di Armstrong, di Claire Foy; e` proprio l’attrice, infatti, che riesce a esprimere molto bene ogni sfaccettatura della personalità del suo personaggio, che deve vivere le conseguenze peggiori dovute dal lavoro del marito: le preoccupazioni, la paura di non vederlo più tornare dall’ennesimo viaggio extra-terrestre, il peso delle responsabilità genitoriali tutto sulle sue spalle e l’incubo di dover dipendere dal governo nella ricezione di informazioni sull’esito delle varie missioni spaziali a cui Armstrong partecipa. Vedremo se la grandi doti attoriali, di certo non sconosciute prima d’ora, messe in atto in questa pellicola possano portare Claire Foy a qualche nomination, forse proprio la tanto ambita nomination per Miglior Attrice non Protagonista in occasione degli Oscar 2019.


La scelta di questa coppia di attori, inoltre, risulta ancora più azzeccata perché i due hanno tutte le caratteristiche, sia fisiche che attoriali, per rappresentare, in un certo senso, l’eredita` delle grandi icone del cinema anni 60/70, epoca in cui e` ambientato per altro il film. E` doveroso ricordare anche, pero`, che la pellicola non si concentra unicamente sulle due figure protagoniste della storia, ma anche sugli altri compagni astronauti che hanno preceduto Armstrong nei lanci precedenti al tanto famoso Apollo 11, delineando soprattutto quale impatto psicologico le loro vicende hanno avuto su Neil Armstrong nella sua carriera: da citare, per questi ruoli secondari, attori a cui e` stato ritagliato un ruolo marginalmente importante anche se i loro personaggi non richiedevano grandi doti interpretative, come Jason Clarke, Corey Stoll, Patrick Fugit e Shea Whigham, mentre per la controparte femminile e` giusto nominare Olivia Hamilton, da poco felicemente sposata proprio con Damien Chazelle.


Ultimo, ma non per importanza, elemento da sottolineare e` la scelta di usare, durante la fase dell’allunaggio, i dialoghi reali delle persone coinvolte, usando le trasmissioni radio originali, annullando completamente la voce, ma anche la visione, degli attori, Ryan Gosling in primis: questo artificio e` davvero efficace, perché grazie anche a immagini di repertorio, lo spettatore si identifica come una delle 400 Milioni di persone attaccate agli schermi televisivi e alle radio che in quel momento seguivano in mondovisione l’atterraggio sulla Luna, consapevoli di star vivendo un traguardo epocale per la storia dell’umanita`. Si`, sembra una frase fatta, ma sono convinto che tutti, in quel momento, lo sapessero, perché come ha tenuto a specificare Ryan Gosling, quella della Luna fu una conquista di tutti, non solo Americana. E meno male che e` presente questo elemento alla fine del film, perché purtroppo le fasi di avvicinamento con la navicella spaziale alla Luna sono quelle che presentano più difetti, paradossalmente, rispetto alla totalità della pellicola, soprattutto per la mancanza di quel pathos che sarebbe davvero servito a tenere sveglia l’attenzione del pubblico in una sequenza che, dopo già quasi due orette di film, risulta cosi` interminabile, a causa di quella dilatazione dei tempi analizzata sopra.


First Man, per chiudere, non e` sensazionale, sicuramente non un capolavoro, ma altrettanto sicuramente e` un film validissimo, tecnicamente quasi ineccepibile, mai patriottico, da vedere assolutamente su grande schermo per l’impatto visivo della maggior parte delle sequenze. Una pellicola importante anche in rapporto alla filmografia di Chazelle, il quale, reduce da due film con necessita` registiche completamente diverse, di cui uno un musical, con i quali credo sia inutile fare paragoni fini a se tessi, si mette in gioco e sperimenta la sua regia, dando sfoggio di grande versatilità che sarà importante per i suoi progetti futuri.



Vi lascio qualche immagine della crew che ha lavorato al film sul red carpet di Venezia75

Alcuni membri del cast insieme al regista Damien Chazelle 

Gli attori protagonisti Ryan Gosling e Claire Foy

Ryan Gosling e Claire Foy insieme al regista Damien Chazelle


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